L’Autonomia differenziata serve alla competitività del Paese? Quali le criticità per la stabilità dell’architettura costituzionale e la crescita del tessuto produttivo e del sistema sociale? Sono alcuni degli interrogativi al centro del workshop promosso da Unione Industriali Napoli, Fondazione Mezzogiorno e Gruppo Mezzogiorno dei Cavalieri del Lavoro sul tema “Autonomia differenziata e competitività del sistema Italia”, tenuto oggi venerdì 9 novembre a Palazzo Partanna, Napoli.
A discuterne Antonio D’Amato, Presidente Fondazione Mezzogiorno, Ceo Seda Group, Costanzo Jannotti Pecci, Presidente Unione Industriali Napoli, Carlo Pontecorvo, Presidente Gruppo Mezzogiorno Cavalieri del Lavoro Presidente e Amministratore Delegato Ferrarelle, Marco Esposito, saggista e giornalista, Giuseppe Pisauro, ordinario di Scienza delle Finanze alla Sapienza di Roma, già presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, Sandro Staiano, direttore Dipartimento Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli, presidente Associazione italiana dei Costituzionalisti. A moderare l’incontro Gianni Trovati, Il Sole 24 Ore.
“L’autonomia differenziata – ha detto Antonio D’Amato, presidente della Fondazione Mezzogiorno – non mette in seria difficoltà solo il Mezzogiorno, mette in crisi l’economia, la tenuta finanziaria e la competitività del sistema Paese. Dal punto di vista dell’equità sociale e dell’equilibrio territoriale, è innegabile che si tratta di un’iniziativa fuori posto. Ma soprattutto è una iniziativa inopportuna per gli effetti che essa rischia di produrre sull’economia reale. Il modello di autonomia differenziata, così come lo si sta proponendo, non aiuta. Se dovessimo davvero fare una riforma sul regionalismo, dovremmo ritornare al Titolo V della Costituzione precedente alla riforma del 2001. E, in ogni, la vera priorità è la riforma della giustizia penale, civile e amministrativa”.
“Comunità Montane, Comuni, Regioni e Stato – ha aggiunto D’Amato – non possono essere messi tutti sullo stesso piano, come è stato previsto dalla riforma del titolo V. Questo ha moltiplicato i poteri di veto, ha aumentato in maniera esponenziale la conflittualità anche sul piano della giustizia amministrativa, ha generato un effetto paralizzante sull’efficienza della burocrazia e della capacità dello Stato di affrontare i veri grandi problemi dei nostri territori e della nostra economia. Occorre, invece, una strategia industriale europea”.
“La legge sull’autonomia differenziata – ha detto Costanzo Jannotti Pecci, presidente Unione Industriali Napoli – va profondamente rivista, circoscrivendone gli effetti nella direzione di una deregolamentazione, quindi di una maggiore speditezza e di uno snellimento di alcune funzioni amministrative. Va eliminata ogni possibilità di spaccare ulteriormente il Paese, dopo decenni di politiche che hanno aggravato le diseguaglianze, di pari passo con l’accrescimento dei poteri delle Regioni”.
“Credo sia il caso di promuovere mobilitazione generale di tutto il Sud – ha detto Carlo Pontecorvo, presidente del Gruppo Mezzogiorno dei Cavalieri del Lavoro – cui dovrebbero partecipare associazioni di cittadini, di professionisti, rivendicando per il Sud quel ruolo di leadership che invochiamo, leadership generatrice di idee e lavoro altamente qualificato”.
I QUADERNI DELLA FONDAZIONE MEZZOGIORNO SULL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA
Nel corso dei lavori è stato presentata la pubblicazione del terzo fascicolo dei Quaderni della Fondazione Mezzogiorno sull’Autonomia differenziata, “Autonomia differenziata. Valutazioni e considerazioni sullo stato di attuazione e competitività del sistema-Italia”, un’analisi approfondita dedicata all'autonomia differenziata e alle implicazioni della Legge Calderoli (Legge 86/2024) sull’assetto istituzionale ed economico italiano. Scritto da Massimo Bordignon, Marco Esposito, Giuseppe Pisauro e Sandro Staiano, il documento esplora in dettaglio le criticità di questo controverso modello di regionalismo differenziato.
In un contesto di negoziazioni in corso tra il Governo e quattro Regioni, con quattro altre Regioni che hanno impugnato la legge davanti alla Corte Costituzionale, il report affronta tre tematiche fondamentali, analizzandone le implicazioni per la competitività del Paese e la coesione territoriale: Il progresso dell'iter Legislativo (A che punto è l’iter legislativo; Quali le prospettive?); Le nove richieste della Regione Veneto; La fragilità dei Livelli Essenziali di Prestazione (LEP). Il report offre una prospettiva originale e approfondita sulle criticità dell’autonomia differenziata, proponendo soluzioni per mitigare i potenziali effetti negativi e promuovendo un modello di autonomia che rispetti la coesione territoriale e la sostenibilità economica del Paese.
L’incontro segue una riflessione avviata da tempo da Fondazione Mezzogiorno, Unione Industriali Napoli e Gruppo Mezzogiorno dei Cavalieri del Lavoro, dopo i dibattiti promossi il 4 aprile 2023 e il 25 marzo 2024.
IL REPORT IN 3 PUNTI
“La situazione è in divenire – si legge nel documento - foriera di ulteriori incertezze e potenziali conflitti e obbliga chi ha a cuore le sorti e l’efficienza del sistema Italia a mantenere lucidità e, soprattutto, stare al merito. Chiediamoci quindi: di cosa si sta parlando? Di questioni concrete ma ancora poco note. Per venire agli atti più recenti, solo l’11 ottobre 2024, sono state comunicate ai consiglieri regionali del Veneto le richieste avanzate dal presidente Zaia il 25 luglio 2024 nelle nove materie cosiddette non-LEP, tra le quali si è data priorità alla Protezione civile. Nulla sappiamo di ufficiale sulle richieste delle altre Regioni. Contemporaneamente il Comitato LEP presieduto da Sabino Cassese, la cui attività è stata prorogata a dicembre 2024, sta procedendo senza comunicazione pubblica, a definire i livelli essenziali delle prestazioni”.
- Il Progresso dell'Iter Legislativo: Ostacoli e Controversie
Il report esamina l’evoluzione normativa dell’autonomia differenziata, tracciando un percorso che si è consolidato nella Legge 86/2024. Questo processo legislativo ha sollevato diverse problematiche, dovute principalmente alla mancanza di un’analisi d’impatto approfondita e a un sistema procedurale che ha compresso il dibattito parlamentare attraverso il meccanismo del “monocameralismo alternato”. Tale scelta ha portato a un quadro normativo incompleto, privo dei necessari adattamenti e correzioni. Il documento sottolinea come questa modalità legislativa abbia generato un modello di autonomia che rischia di non essere sostenibile nel lungo periodo e che ha già alimentato una serie di iniziative referendarie, espressione di una crescente divisione tra le Regioni e il Governo centrale. Il report avverte che, senza un approccio più strutturato e una maggiore apertura al dialogo interistituzionale, l’autonomia differenziata potrebbe accentuare le disparità territoriali piuttosto che risolverle.
- Le Richieste di Autonomia della Regione Veneto
Il documento entra nel dettaglio delle richieste avanzate dal Veneto, una delle prime Regioni a esprimere l’interesse per l'autonomia su materie come la protezione civile, la finanza pubblica e il commercio estero. Gli autori evidenziano come alcune di queste richieste possano generare vantaggi per il territorio, ma al contempo comportano rischi significativi per l'unità e la funzionalità del sistema-paese. In particolare, il Veneto richiede maggiore autonomia nella gestione della protezione civile, che attualmente opera a livello nazionale con risorse e capacità di intervento coordinate. La frammentazione di un servizio così cruciale potrebbe compromettere l'efficacia della risposta in situazioni di emergenza, rendendo più difficile il supporto reciproco tra Regioni in caso di calamità. Altri esempi includono la gestione finanziaria e la partecipazione diretta del Veneto ai tavoli europei, richieste che se approvate creerebbero complessità aggiuntive nel coordinamento nazionale e nei rapporti con l’Unione Europea. Il report raccomanda un’attenta valutazione dei vantaggi e delle criticità di queste proposte, affinché l’autonomia regionale non venga realizzata a scapito dell’efficienza e della coesione nazionale.
- La Fragilità dei Livelli Essenziali di Prestazione (LEP): Salvaguardare i Diritti Essenziali
Uno dei pilastri dell'autonomia differenziata è la tutela dei Livelli Essenziali di Prestazione (LEP), che garantiscono diritti e servizi fondamentali per tutti i cittadini, indipendentemente dalla Regione di residenza. Il report della Fondazione Mezzogiorno dedica un’attenzione particolare a questa tematica, evidenziando come la distinzione tra materie LEP e non-LEP, su cui si fonda l'intero impianto della Legge 86/2024, sia arbitraria e carente di una base logica solida. Prendendo come esempio la protezione civile, il report spiega che, sebbene questa sia stata classificata come materia non-LEP, la sua gestione regionale potrebbe influire negativamente su altre aree soggette ai LEP, come la tutela della salute. Inoltre, l’autonomia differenziata pone nuove sfide al mantenimento di standard omogenei nei servizi essenziali, a partire dagli asili nido, per i quali esiste già un LEP ufficiale. La Fondazione invita il Governo a riflettere su un approccio normativo che, superando l’attuale dicotomia LEP/non-LEP, tuteli la qualità e l’equità dei servizi pubblici, con particolare attenzione ai diritti fondamentali, senza lasciare che l’autonomia regionale comprometta l’accesso equo alle risorse e alle opportunità su tutto il territorio nazionale.
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