“Il fenomeno della contraffazione non riguarda solo i grandi marchi o gli opifici di 10-15 addetti extracomunitari che operano illegalmente sul nostro territorio. La contraffazione è anche quella della dichiarazione mendace sulla qualità dei prodotti provenienti da altri continenti, in particolare dall’Asia, importati con sottofatturazione e dannosi per la salute. Questo tipo di concorrenza sleale ha contribuito a far chiudere nel napoletano tantissime imprese del sistema moda, con la perdita di diverse migliaia di occupati”. Lo ha dichiarato Luigi Giamundo, Delegato al Made in Italy dell’Unione Industriali di Napoli, nonché Presidente della Commissione Sistema Moda di Confindustria Campania, durante l’audizione svolta mercoledì 28 marzo presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale.
I controlli effettuati presso il porto di Napoli raggiungono anche il 30% delle merci mentre quelli europei si limitano a una percentuale oscillante tra il 2 e il 4%, ha sottolineato Giamundo, quindi non sufficienti a debellare un fenomeno imponente. A essere colpite sono in particolare le imprese napoletane, il cui mercato di riferimento “per lo più non è quello dei grandi brand, bensì delle catene specializzate, dei grandi magazzini o dei distributori all’ingrosso”.
Per salvaguardare queste aziende bisogna secondo Giamundo dotarsi di uno strumento legislativo che consenta di controllare prodotti importati in qualsiasi fase della distribuzione con la possibilità di ottenere un sequestro preventivo della merce in vendita, Inoltre occorre “negoziare in sede comunitaria e internazionale una nuova piattaforma mondiale di regole per il commercio”.
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