Il recente Decreto-Legge 33/2020 (Ulteriori misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19), all’articolo 1, commi 14 e 15, prevede che “le attività economiche, produttive e sociali devono svolgersi nel rispetto dei contenuti di protocolli o linee guida idonei a prevenire o ridurre il rischio di contagio nel settore di riferimento o in ambiti analoghi, adottati dalle regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome nel rispetto dei principi contenuti nei protocolli o nelle linee guida nazionali. In assenza di quelli regionali trovano applicazione i protocolli o le linee guida adottati a livello nazionale. Le misure limitative delle attività economiche, produttive e sociali possono essere adottate, nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità, con provvedimenti emanati ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020 o del comma 16. Il mancato rispetto dei contenuti dei protocolli o delle linee guida, regionali, o, in assenza, nazionali, di cui al comma 14 che non assicuri adeguati livelli di protezione determina la sospensione dell'attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza”.

Per tutte le attività economiche (produttive e sociali), obblighi e sanzioni sono quindi riferiti a protocolli e linee guida regionali e, solo in mancanza, nazionali.

Il DPCM del 17 maggio 2020, invece, “attuativo” dei DL 19 e 33, prevede una regolamentazione differente.

L'articolo 1 (ed i relativi 17 allegati), disciplina, tra l’altro, le modalità delle riaperture e delle attività lavorative per alcuni settori.

In questa disposizione viene assegnata valenza prioritaria alla disciplina regionale e, in mancanza, a quella nazionale.

All’articolo 2, invece, che disciplina specificamente le attività produttive industriali e commerciali, (“fatto salvo quanto previsto dall'articolo 1") si fa riferimento esclusivamente ai noti protocolli nazionali: nessun riferimento a competenze regionali su questi ambiti.

La disciplina dettata dall'art. 2 riguarda tutte le attività industriali e commerciali (tranne quelle dell’articolo 1), ovunque siano dislocate (“sull'intero territorio nazionale”).

Quindi, il DPCM, dando attuazione del decreto-legge n. 33/2020, distingue puntualmente due ambiti di attività ed assegna a ciascuno una regolamentazione differente: le regioni intervengono negli ambiti produttivi descritti nell’articolo 1, mentre in quelli disciplinati nell’articolo 2 vigono esclusivamente i nostri protocolli.

Il DPCM 17 maggio ha dunque declinato le previsioni del DL n. 33/2020 seguendo una linea di chiara differenziazione tra attività produttive industriali e commerciali, oggetto dell'art. 2 dello stesso DPCM, e altre attività economiche, oggetto invece dell'art. 1. Solo per queste ultime il DPCM fa discendere dai protocolli o linee guida regionali – e solo in assenza, da quelli nazionali – obblighi e responsabilità per i datori di lavoro.

Appare, dunque, estremamente opportuno confermare la perdurante validità ed efficacia dei protocolli nazionali richiamati all'art. 2 del DPCM.


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